Il sistema medico militare durante la Grande Guerra era gestito dai soldati del Corpo della Sanità Militare e dall’apparato della Croce Rossa Italiana, coadiuvato dal personale infermieristico volontario, laico e religioso. Importante fu anche l’aiuto giunto dagli alleati, in particolare britannici e statunitensi, come nel celebre caso di Ernest Hemingway.
Dai posti di medicazione, situati a ridosso delle prime linee, i feriti in qualche modo curabili venivano trasportati in strutture ospedaliere di campo o di retrovia, più o meno capienti o attrezzate, spesso allestite in edifici a diversa e varia destinazione, dei quali il territorio veneto conserva numerose memorie.
Le scienze mediche ebbero notevoli sollecitazioni nel periodo del conflitto. L'Università di Padova, già molto attiva per il sostegno nei settori della guerra, svolgendo ad esempio controlli epidemiologici e di potabilità dell'acqua, nel 1916 istituì l'Università Castrense per studenti di medicina alle armi; oltre mille allievi degli ultimi anni delle facoltà di medicina di tutto il regno vennero temporaneamente sottratti al fronte e trasferiti in città per proseguire qui i loro studi.
Tra le discipline maggiormente interessate, oltre alla chirurgia e all'epidemiologia, vi fu anche la psichiatria, per il trattamento dei disturbi mentali causati dalla guerra, con ripercussioni che si svilupparono a lungo nel tempo, ben oltre la fine del conflitto.

Per un approfondimento sull'organizzazione della sanità a Padova e nel territorio:
www.padovagrandeguerra.it

L'argomento in generale è affrontato sotto molteplici angolature nel volume di M. Scroccaro, C. Pietrobon, Pianeta sanità. La sanità militare italiana nel Veneto durante la Grande Guerra, Antiga Edizioni 2015, realizzato con il sostegno della Regione.