Gli orridi spettri di Monselice

Sarebbero ben tre i fantasmi che a Monselice animano le notti del castello fatto riedificare dal tiranno Ezzelino da Romano sui resti di una fortezza più antica: quello di Avalda, la sua amante; quello di Jacopino da Carrara, signore di Monselice, e quello della sua amante Giuditta. La prima - minuta e di carnagione bianchissima, vi comparirebbe vestita di bianco, con l'abito grondante di sangue - non ebbe nulla da invidiare alla crudeltà di Ezzelino, dal quale aveva ricevuto in dono il castello: non esitava infatti a circondarsi di bellissimi giovani amanti, che faceva crudelmente uccidere tra mille torture, subito dopo aver soddisfatto le sue brame di lussuria.

Avalda praticava le arti della stregoneria e della negromanzia, e aveva dimestichezza con l'uso del veleno. A nulla le valsero però quando il tiranno si stancò di lei. Scoperti i suoi turpi traffici la fece uccidere da un sicario, proprio nel castello in cui ancor oggi vaga insanguinata, in cerca di una pace che non può trovare.

Castello di Monselice

Jacopino Da Carrara incede invece lento per i corridoi trascinando i suoi passi incerti con l'aiuto di un bastone. Magro, consunto, appare coi lunghi capelli grigi spettinati. Nominato signore di Padova nel dicembre del 1350 assieme allo zio Francesco, fu da questi successivamente rinchiuso nel castello, sospettato dal congiunto di tramare contro di lui.

Jacopino trascorse diciassette anni senza poter uscire: alla fine per lui fu decretata la morte per fame, e le sue urla raccapriccianti furono udite per molti giorni, fino alla fine. La sua amante, Giuditta, che fino all'ultimo fu tenuta all'oscuro del destino dell'uomo, vaga ancora oggi attorno al castello e nel buio della notte chiede ai passanti notizie del suo Jacopino.

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