Quella del riso a Grumolo delle Abbadesse, piccolo comune tra Vicenza e Padova, è una tradizione che ha origine nel Cinquecento, quando la sua coltivazione fu introdotta dalle monache dell’abbazia benedettina di San Pietro di Vicenza. L'intervento delle badesse permise la bonifica dei terreni, il disboscamento, il prosciugamento degli acquitrini, la costruzione di canali per l'irrigazione: senza tutto ciò non sarebbe stato possibile coltivare né abitare queste terre, e certamente il piccolo centro di Grumolo non avrebbe il suo aspetto attuale. Grazie infatti alla coltivazione del riso il paese prosperò e lungo i nuovi canali sorsero negli anni numerose ville patrizie volute dai nobili veneziani, caratterizzando il panorama fino ai giorni nostri.

La varietà di riso introdotta a Grumolo e nei vicini comuni di Camisano Vicentino e Torri di Quartesolo è quella del ''vialone nano'', caratterizzato da chicchi medio-piccoli e da un'eccellente qualità per via delle peculiari proprietà del terreno e delle acque. Tuttavia la bassa resa e la presenza nei mercati di varietà più produttive hanno messo a rischio la coltivazione di quella che viene considerata la varietà veneta per eccellenza, una delle sei varietà storiche italiane (con l'arborio, il baldo, il balilla, il carnaroli e il Sant'Andrea). Degli oltre 250 ettari coltivati a risaia nel Seicento, oggi ne rimangono infatti circa 120: meno della metà.

La tutela da parte del Presidio Slow Food mira a salvaguardare e incoraggiare la coltivazione del vialone nano a Grumolo delle Abbadesse, una varietà che, per la sua capacità di gonfiarsi molto in cottura e di assorbire molto bene i condimenti, riesce a esaltare la preparazione di numerosi piatti tipici veneti: dal tradizionale ''risi e bisi'' al classico ''risotto con i fegatini'', fino ai vari risotti alla pescatora.